Le cantine italiane affrontano il calo dei consumi puntando su spumanti e vini (anche rossi) di facile bevuta. Focus su territorio, aperitivo, consumi al calice. Il tutto mentre sul vino tricolore incombono i dazi americani (congelati fino al 9 luglio). In questa situazione, i produttori hanno puntato a strategie a lungo termine, nell'attesa che le vendite tornino a crescere (+2% dell'export) nella seconda parte dell'anno.
Le prospettive su export e consumi interni.
Le bollicine rimarranno il traino del comparto, +4,4% dei ricavi e +6,1% dell’export, mentre i vini fermi si aspettano un più modesto +0,9% delle vendite e +1,2% dell’export. Queste le indicazioni raccolte da un sondaggio dell’Area studi Mediobanca nel tradizionale rapporto sul settore vinicolo in Italia (pubblicato post-Vinitaly). Più cautela emerge, invece, quando si parla di consumi interni. Un terzo delle vendite avviene ancora in Gdo (3,2 miliardi di euro) mentre l’Horeca si ferma al 17,6% a causa di un andamento negativo per i consumi fuoricasa in generale e i contraccolpi del Codice della strada e delle tensioni geopolitiche. A soffrire sono maggiormente enoteche e wine bar (5,7% di share). Da qui ripartono quindi i produttori per trovare la giusta chiave con qui (ri)conquistare il mercato.
Montelvini ingrandisce il formato in fusto
Dopo un Vinitaly positivo, nonostante le premesse parlassero solo di dazi, Moltelvini si è ributtata sul mercato: "C’è ancora un po’ di preoccupazione. Più dei dazi, infatti, sono le dinamiche di consumo del vino a incidere maggiormente sull’andamento del comparto - ammette Alberto Serena, ceo dell’azienda vitivinicola - La demonizzazione del prodotto a cui abbiamo assistito ultimamente, con campagne che non distinguono tra abuso e moderazione, hanno contribuito a un primo trimestre molto complicato. Vedo ancora una certa paura fra i consumatori". Montelvini è una delle realtà vitivinicole più dinamiche nel panorama italiano, con sede a Venegazzù, piccola frazione di Volpago del Montello (TV), nel cuore della Docg Asolo Montello. Da 5 generazioni della famiglia e oltre 140 anni di impegno nella produzione di vini di qualità e ha deciso di riconquistare la fiducia dei consumatori e stimolare i rivenditori, con una novità: il vino in fusto a basso contenuto alcolico da 20 litri.
"Si tratta di un prodotto che utilizza solo le migliori uve Glera che donano il classico profilo fruttato e aromatico del Prosecco. Contiamo così di aprirci a nuove opportunità, a partire dalla crescente diffusione del consumo al calice, che complica anche le operazioni di stoccaggio delle tradizionali bottiglie", sottolinea Serena. La richiesta, per il momento, arriva più dai paesi dell’Europa del Nord, ma le potenzialità non mancano nemmeno in Italia. D’altronde, rischiare adesso potrebbe risultare azzeccato: "Nel primo trimestre il calo c’è stato - rivela Serena - anche del -15-20%. La strategia quindi è quella di differenziare l’offerta rivolgendoci tanto al fine dining quanto al momento dell’aperitivo. Questo rimane il clou per le bollicine e lo sarà anche in futuro, quando si allargherà lo spazio per una bevuta più semplice, meno strutturata ma comunque riconoscibile».
Val d’Oca a tutte bollicine (analcoliche comprese).
Il 2025 di Val d’Oca, come testimoniato all’ultimo Vinitaly, rappresenta il completamento dell’attività di rebranding della cantina che ha aggiunto la linea Signature alle già presenti Heritage e Rive. In particolare, due le etichette simbolo: Valdobbiadene Superiore di Cartizze Docg Dry e Uvaggio Storico Valdobbiadene Prosecco Superiore Docg Dry; due autentiche espressioni del territorio. Dal design moderno ed essenziale, le nuove etichette presentano come colore predominante il nero, simbolo di esclusività e raffinatezza. La bottiglia personalizzata, arricchita dal logo di Val d’Oca (un grappolo stilizzato nella fase di allegagione, realizzato con la tecnica dell’embossing) diventa un elemento distintivo del brand, suggerendo un’identità visiva forte e coerente anche con altre referenze dell’azienda come la collezione Rive Signature. Completano la nuova veste le capsule nere con dettagli dorati. Referenze che mirano a riconnettersi con il consumo: "Queste novità sono dirette a chi cerca un grado alcolico minore; e il Prosecco si sposa naturalmente con questa esigenza – spiega Stefano Gava, direttore generale - A livello di consorzi si sta ragionando su alcune sperimentazioni attraverso cui portare sul mercato prodotti con 7-8° alcol. Una riduzione del 20% del contenuto alcolico che permette al vino di rimanere vino".
Approccio ideale per intercettare la domanda dell’aperitivo: "Vini strutturati, che hanno bisogno di un abbinamento fanno fatica sul mercato. Oggi vince la semplicità e la mixabilità insieme a un packaging attraente", sintetizza Gava. In questo senso va letto anche la partnership con Bella, brand di Mareno di Piave (TV) specializzato in bevande non alcoliche di qualità. Questa collaborazione segna un passo strategico per Val d’Oca: l’accordo prevede la distribuzione dei prodotti Bella attraverso la rete vendita di Val d’Oca, forte di una presenza consolidata sia a livello nazionale che internazionale. Grazie a questa sinergia Val d’Oca introdurrà nel proprio portfolio una selezione di bevande rinfrescanti, ideali per chi cerca alternative prive di alcol senza rinunciare a gusto e qualità. Item che si sposano bene con le necessità del food retail: "Pensiamo di avvicinarci sempre di più a gruppo di fine dining o catene di hambrugeria o sushi bar, anche mettendo in campo iniziative di co-marketing che possano sfruttare la multilocalizzazione del network con priorità alle mini-catene", conclude Gava. Così l’azienda punta a chiudere il 2025 a 65 milioni di euro di fatturato (57,6 milioni nel 2023-2024) con oltre 15 milioni di bottiglie vendute (di cui il 30% sui mercati esteri).
Bortolomiol al cuore del Prosecco.
Nel 2024, il recupero si è visto da settembre. Per il 2025, in casa Bortolomiol si spera di anticipare i tempi. "Lo scorso anno abbiamo chiuso con 14,8 milioni di fatturato e tre milioni di bottiglie vendute. Dopo un inizio anno complicato, e nonostante le situazioni avverse come i dazi che hanno accompagnato anche l’ultimo Vinitaly, ora ci sembra che il Prosecco abbia trovato una sua stabilità grazie anche alla nostra disponibilità nel sostenere gli importatori con piccoli sconti. Più preoccupante il livello dei consumi, appesantiti dalle conseguenze del Nutriscore, delle politiche Ue contro l’alcol e dal Codice della Strada. A livello internazionale, rallenta la Germania, mentre l’Italia e altri paesi soffrono l’inflazione", afferma Elvira Bortolomiol, alla guida della cantina veneta. Per questo la cantina ha deciso di puntare sulla rinascita dei millesimati tradizionali. "Abbiamo pensato di riscoprire le radici, fare restyling della linea e trovare nuova identità. Volevamo che ogni bottiglia raccontasse con maggiore sincerità chi siamo e cosa proponiamo. Abbiamo lavorato sui colori, più profondi, interiorizzanti, con una base di pattern legate ai luoghi per restituire maggiore artigianalità. Insomma, un back to the roots», racconta Bortolomiol.
Approccio che dal layout dell’etichetta passa anche dall’aspetto organolettico. "Ci siamo applicati e studiato gli antichi protocolli che aveva registrato mio padre Giuliano serviti per capire come intensificare caratteristiche del vino e renderlo adatto al bere moderno. Questo studio sui nostri vecchi processi ha favorito bottiglie con un carattere particolare. Dal Brut all’Extra Brut, con uve che si trovano su pendici con terroir più complesso. Infine, uno charmat lungo dare maggiore finezza di gusto e di bollicine", precisa la manager. Una proposta che trova posto anche da Obicà o Signorvino. E soprattutto nelle scelte dei giovani: "I 25-35enni preferiscono prodotti a bassa gradazione alcolica ed etichette che parlano del territorio, come i nostri cru le Rive. Anche al calice. Oppure a tutto pasto e durante l’aperitivo, grazie ai nostri Doc, apripista per un consumo più selezionato", afferma Bortolomiol.
Bianco e rosso, Cesari lancia Justo.
Sotto il cappello di Caviro, all’ultimo Vinitaly si è fatto notare Cesari con il lancio dell’etichetta Justo: due vini, un bianco e un rosso, entrambi Veneto Igt che parla a un target giovane anagraficamente e come status percepito nel mondo vino. "Per il rosso c’è l’uva Corvina per il bianco è il Garganega, due vitigni territoriali. Poi abbiamo strutturato i vini con l’aggiunta di vitigni internazionali, come Merlot e Riesling, che potessero ingentilire il prodotto grazie a note fruttate di ciliegio, della frutta rossa e, per il bianco, del fruttato non stucchevole, punta di acidità e facile beva" descrive Nicolò Maroni, marketing manager di Cesari. Con un totale vitato di 140 ettari in Valpolicella e 10 in Lugana, Cesari conta una squadra di 30 dipendenti e 2 enologi, con controllo di ogni fase del processo di produzione dei propri vini, una distribuzione omnicanale capillare, e vanta un’esportazione in più di 50 paesi. L’obiettivo ora è quello di intercettare un pubblico trasversale, quindi, a partire dal codice comunicativo che strizza l’occhio al rock anni 80 e alla scena attuale con artisti come Billie Eilish e Travis Scott.
Di particolare interesse il lavoro sul grado alcolico: "Mantenendo fisso lo stile della cantina abbiamo alleggerito la gradazione, con un rosso a 12,5 e un bianco a 12 gradi alcol. In linea con i trend che spingono verso il low-alcol; a cui guardiamo ma a cui rispondiamo con un vino in tutto e per tutto", ricorda Maroni. Tanto che Justo punta a farsi spazio sia durante l’aperitivo che come dopo cena. D’altronde, "il contesto è in continua evoluzione e nel 2025, con le recenti novità a livello legislativo e i trend di consumo gli effetti si sono sentiti. Siamo ben consci della situazione e di come rispondere dando alla ristorazione i giusti strumenti per incrociare l’interesse e le possibilità del cliente finale. Il consumo responsabile rimane sempre prioritario", conclude il manager.
Allegrini Wines presenta Grola, il vino per tutte le stagioni.
Per un mondo del vino in forte cambiamento, c’è una società che ha trovato la barra dritta. Dopo un periodo di riassetto, l’ultimo Vinitaly è stata un’occasione unica per Allegrini Wines che ha chiuso l’ultimo bilancio intorno ai 20 milioni di euro. Riflettori puntati sul lancio di Grola: Valpolicella Classico Superiore per tutte le stagioni, che proviene da una singola vigna sull’omonima collina, acquistata dal nonno degli attuali proprietari, nel 1979. "La Grola ha avuto percorso non lineare - racconta Oscar Lanciani, direttore vendite Italia di Allegrini Wines - Dopo essere stato un IGT Rosso Veronese torna alla sua corretta denominazione e a un assemblaggio più curato. Un omaggio a un territorio iconico per la zona: qui si è cominciato a coltivare in collina e qui sono spuntati i primi filari a Gouyot".
Il progetto di lancio della nuova etichetta passa attraverso una più ampia riscoperta del Valpolicella. Se l’Amarone rimane il prodotto di punta di Allegrini, il Valpolicella "può finalmente esprimere la sua essenza. Anche al calice; una richiesta sempre più frequente nel fuoricasa - afferma Lanciani - Le persone sono più curiose e quando escono vogliono provare più etichette. Ovviamente prestando attenzione al portafogli. Di fatto, si beve meno ma meglio e questo ci aiuta". In caso, un aiuto può arrivare dall’attività distributiva messa in campo da Allegrini Wines: "Nell’ultimo anno abbiamo ampliato il canale di distribuzione, con l’ingresso di Champagne Boizel per esempio o Corte Giara. L’idea è quella di colmare quelle occasioni di consumo non coperte dai nostri rossi attivando partnership commerciali con aziende simili ad Allegrini sia in termini di qualità sia di zonizzazion"», spiega Lanciani.
Bellussi completa la gamma BellusSì.
Non solo Prosecco, spazio anche allo spumante in casa Bellussi che a Vinitaly ha presentato BellusSì Blanc de Blancs Millesimemato Extra Brut 2023, da uve 100% Chardonnay coltivate nelle montagne della Val di Cembra, in Trentino, su terreni di origine vulcanica. Un’etichetta che va fuori dai soliti canoni e punta a premiumizzare i consumi: "Oggi gli italiani faticano a spendere nel fuoricasa - racconta Francesca Martellozzo, sales manager di Bellussi - Fortunatamente, le nostre bollicine rimangono un lusso accessibile, soprattutto in Italia dove concentriamo quasi il 70% del nostro fatturato, con buone performance anche nel canale della Gdo». Frutto di una selezione meticolosa di uve raccolte a mano, BellusSì Blanc de Blancs viene vinificato con pressatura soffice e una parziale macerazione a freddo, tecnica che ne esalta il profilo aromatico. Il processo di spumantizzazione
avviene con il Metodo Charmat lungo. Questa scelta conferisce al vino una struttura raffinata e un perlage fine e persistente che regala un elegante equilibrio di freschezza e complessità.
La naturale bassa gradazione alcolica, poi, lo rende un vino in linea con le recenti tendenze di consumo. Infine, il basso contenuto zuccherino, di circa 3 grammi per litro, esalta ulteriormente il carattere asciutto che armonizza con la complessità aromatica. Un’etichetta che unisce terroir e savoir-faire enologico e va a completare la gamma che già comprende BellusSì Blanc de Noir Millesimato Brut e il BellusSì Prosecco Rosé. Ideale per ristoranti ed enoteche. Nota a parte merita il 20° anniversario di Belpoggio, l’elegante cantina boutique di Bellussi nel Montalcino dove si producono Brunello di Montalcino Docg, Rosso di Montalcino Doc, Riserva e Igt Toscana.
NB: L'articolo è tratta da RMM 2/2025, disponibile a questo link: https://ristorazionemoderna.it/magazine/ristorazione-moderna-magazine.html