Le catene di ristorazione crescono e assorbono l'11% dei consumi delle famiglie nel fuoricasa raddoppiando, secondo i dati Fipe, il proprio peso in un decennio. Questo uno dei risultati emersi dal Rapporto Ristorazione 2024 presentato l'11 aprile a Roma dalla Federazione italiana dei pubblici esercizi con cui è stata fotografata la situazione attuale del settore che, nel 2023, ha generato un valore aggiunto pari a 54 miliardi di euro (+3,9% sul periodo pre-Covid).
- Nel 2023 le famiglie hanno speso 92 miliardi di euro per i consumi alimentari fuoricasa.
- Imprenditoria (331mila aziende attive) e occupazione (1,4 milioni di addetti) fra luci e ombre.
- Lino Enrico Stoppani (Fipe): "Contrazione imprese attive non è necessariamente una cattiva notizia".
- Energia, sostenibilità, digitalizzazione e tecnologia: i fronti dell'investimento.
- Le catene continuano a guadagnare spazio in un mercato frammentato.
Nel 2023 le famiglie hanno speso 92 miliardi di euro per i consumi alimentari fuoricasa.
Dallo studio dell'associazione di categoria emerge anche il buon andamento della spesa delle famiglie nella ristorazione che ha raggiunto la soglia dei 92 miliardi di euro tornando (in valore) abbondantemente al di sopra dei livelli pre-pandemia (+7% di crescita nominale rispetto al 2019) e recuperando significative quote di mercato rispetto al consumo alimentare domestico (che si attesta sui 195 miliardi di euro). Tuttavia, a prezzi costanti, i consumi nel fuoricasa rimangono ancora lontani 6 puntu percentuali dal periodo pre-pandemico. Questa dinamica si spiega tenendo in conto gli effetti dell'inflazione sulle abitudini di acquisto dei consumatori che non hanno rinunciato a un pasto in bar, ristoranti e locali ma si sono concentrati sulle soluzioni value for money e su occasioni di consumo più gratificanti che funzionali. Al contempo, si deve considerare anche l'impatto positivo della ripresa dei flussi turistici e l'affermazione dello smart working strutturale. Il risultato? Come dimostrano i dati forniti a Fipe da TradeLab, sono state circa 8 miliardi le visite nei luoghi del fuoricasa nel 2023. Rispetto al 2022 crescono gli aperitivi pre-pranzo (+7%) e serali (+5%), la colazione (+5%) e il pranzo (+3%). Se rimane sostanzialmente stabile il numero di visite per cena (+1%), pausa mattutina (+1%) e pomeridiana (-1%), sono in calo quelle per il dopocena (-12%). Nel complesso:
- per l’occasione del pranzo incide il recupero della componente lavoro e una parziale riduzione del fenomeno dello smart working;
- l’aperitivo ha tradizionalmente una valenza esperienziale e segna un recupero dei momenti di socialità, soprattutto per la generazione dei millennials;
- la colazione è l’occasione che ha subito meno l’impatto della pandemia, mantenendo visite abbastanza costanti nel tempo;
- il dopocena è ancora in difficoltà e soffre la mancanza di un target di frequentatori più giovani che probabilmente, con la pandemia, ha cambiato in modo sensibile le proprie abitudini di consumo.
Imprenditoria (331mila aziende attive) e occupazione (1,4 milioni di addetti) fra luci e ombre.
A beneficiare di queste tendenze è un network di 331.888 imprese di ristorazione, in leggera contrazione rispetto all’anno precedente (-1,2%). Di queste, 132.004 sono bar, 195.471 ristoranti, take away, gelaterie e pasticcerie e 3.703 aziende che offrono servizi di banqueting e catering. A dimostrazione della dinamicità del settore, oltre 10mila imprese hanno avviato l’attività nel 2023 (+6,5% sul 2022). Su questo fenomeno si allunga, tuttavia, l’ipoteca dei troppi insuccessi che segnano l’iniziativa di tanti aspiranti imprenditori: il tasso di sopravvivenza delle nuove imprese supera, a cinque anni, appena il 50%. Il 28,9% delle imprese è gestito da donne, con una più alta incidenza nel canale bar (33,1% del totale). Le imprese guidate da giovani under 35 sono il 12,9% del totale, concentrate principalmente nel segmento ristoranti (60,3%), mentre le attività sotto il controllo di imprenditori stranieri sono oltre 50mila (circa il 14% del totale). Guardando all'occupazione, il 2023 può essere considerato un anno positivo con 1,4 milioni di addetti, in crescita del 6,4% rispetto al 2022 e del 2,3% rispetto al 2019. Focalizzando l’attenzione sul solo lavoro dipendente, le oltre 165mila aziende con almeno un dipendente hanno impiegato, nella media dell’anno, 1.070.839 lavoratori (6,4 unità per impresa), superando dell’8,1% il livello pre-pandemia (circa 80mila unità in valore assoluto). Si è totalmente riassorbita l’emorragia dei contratti a tempo indeterminato, cresciuti di oltre 11mila unità rispetto al 2019, che oggi costituiscono la forma prevalente dei rapporti di lavoro nel settore della ristorazione (58,5%).
Lino Enrico Stoppani (Fipe): "Contrazione imprese attive non è necessariamente una cattiva notizia".
"Il 2023 è stato un buon anno per la ristorazione italiana e per il 2024 le aspettative degli imprenditori restano prudentemente positive. Nonostante le sfide legate all'inflazione e all'incertezza del quadro geopolitico, i consumi, l’occupazione e il valore aggiunto sono sensibilmente cresciuti tornando, quantomeno in valore, al di sopra dei livelli pre-pandemia - ha spiegato Lino Enrico Stoppani, presidente di Fipe-Confcommercio - Anche la contrazione del numero delle imprese non è necessariamente una cattiva notizia se si traduce in un rafforzamento delle competenze e un aggiornamento dei format, grazie al progressivo apporto di tante imprenditrici e di tanti giovani che decidono di mettersi in proprio. Il settore è in trasformazione come è testimoniato anche dalla spinta a investire e a innovare. Oltre il 50% degli imprenditori ha effettuato uno o più investimenti nel 2023 in chiave green e digitale e un numero altrettanto importante prevede di investire quest’anno (con una stima di 4 miliardi di euro, ndr). Sono segnali di fiducia che meriterebbero di essere ulteriormente sostenuti da politiche che riconoscano alla ristorazione il ruolo che ha nell’economia e nella società".
Energia, sostenibilità, digitalizzazione e tecnologia: i fronti dell'investimento.
Proprio sul tema investimenti, le priorità sono efficientamento energetico, sostenibilità ambientale, digitalizzazione e nuove tecnologie. Già 9 ristoranti e bar su 10, per esempio, hanno adottato misure concrete per il controllo dei consumi energetici (utilizzo di lampade al led, apparecchiature ad alta efficienza energetica, ecc.) e il rispetto dell’ambiente (attenzione alla gestione dei rifiuti, utilizzo di prodotti locali e di stagione, lotta allo spreco alimentare, ecc.). Mentre più dell’80% delle imprese ha introdotto uno o più strumenti digitali (rete wi-fi aperta, registratori di cassa evoluti, Pos di ultima generazione, software gestionali, ecc.). Ancora poco praticata la strada della robotica: solo per il 19,3% degli imprenditori del canale ristoranti tale soluzione migliorerebbe l’immagine del locale e susciterebbe curiosità, facendo vivere al cliente un’esperienza di ristorazione innovativa. Appena il 17,9% ritiene che migliorerebbe la velocità del servizio e ridurrebbe i tempi di attesa. Residuale è la quota di imprenditori secondo cui, memorizzando i dati del cliente, verrebbe offerto un servizio più personalizzato (14,1%). In generale, la propensione all'investimento in innovazione accende una luce sull’importanza di accedere a misure che consentano alle imprese di ammortizzare almeno una parte delle spese da sostenere; perché non tutto è possibile ricorrendo al capitale proprio o a linee di credito degli istituti bancari.
Le catene continuano a guadagnare spazio in un mercato frammentato.
Infine, come detto in apertura, un discorso a parte meritano le catene di ristorazione. Secondo il report di Fipe, la crescita di questo segmento, in un settore caratterizzato da elevata frammentazione (circa il 90% del mercato a valore è rappresentato da operatori indipendenti), conferma la capacità delle insegne di far leva su elevata dimensione e scalabilità che permette investimenti in marketing, politiche di prezzo competitive e adozione di soluzioni digitali più avanzate rispetto agli operatori indipendenti. Oltre che alla capacità di intercettare con maggiore precisione i trend di consumo in forte cambiamento (come la cosiddetta “snackerizzazione” della domanda, ovvero la richiesta di prodotti più semplici al posto di pasti tradizionali, in linea con uno stile di vita che fa della velocità la sua cifra distintiva). Non sorprende, quindi, che queste caratteristiche abbiano attirato anche l'attenzion di numerosi investitori finanziari: nel periodo 2018-2022, si sono concluse 28 operazioni di fusione e 20 acquisizione nel settore della ristorazione commerciale e ci si aspetta che questo trend continui anche nei prossimi anni.