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Mario Traverso (TBT Food): "Il food retail cresce in provincia"
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Poco prima dello stop dovuto alla pandemia, a Vicenza ha mosso i primi passi TBT Food che ha saputo capitalizzare il rimbalzo post-Covid del fuoricasa. Il risultato? Un gruppo che oggi conta quattro marchi capaci di chiudere il 2024 “con una crescita like-for-like del 7% grazie a una serie di scelte industriali e organizzative che hanno dato i loro punti e oggi ci permettono di contare su una base consolidata di 28 punti vendita”, racconta il co-founder Mario Traverso. La parte del leone in questo network la fa Poke Sun-Rice, catena di pokerie presente su scala nazionale che oggi conta 26 locali, a cui si affiancano Nelly’s The Burger Joint, Casa Focaccia e Mestìs (primo locale aperto lo scorso 20 febbraio) format steak house internazionale di fine dining.
L’intervista a Mario Traverso (TBT Food).
Come nasce TBT Food?
Io e mio fratello Marcelo avevamo già un po’ di esperienza nel settore food. Insieme abbiamo gestito, all’estero, un villaggio turistico con ristorante e bar che poteva ospitare 2-3 matrimoni al giorno. Separatamente, invece, abbiamo sviluppato delle competenze componibili: lui più dal punto di vista operativo, attraverso il lavoro all’interno di grandi gruppi fast food all’estero; io più attento ai trend di sviluppo food&beverage grazie ai miei giri internazionaliIn Italia, la prima esperienza comune è stata la versione 1.0 di Mestìs (che in catalano significa “meticcio”, ndr) aperto 10 anni fa in provincia di Padova. Mentre gli stavamo cercando una nuova casa è arrivata la pandemia che ci ha costretti a rivedere i nostri piani.
Parte da qui il successo di Poke Sun-Rice.
Sì. Visto il successo del poke abbiamo deciso di ripartire da qui. Nonostante la scelta di uno sviluppo controcorrente, con la prima apertura in un centro commerciale a fine 2019, e dopo aver superato le sfide del lockdown, il format si è confermato resiliente e scalabile. Inoltre, per noi, è stata un’ulteriore prova e conferma delle nostre capacità imprenditoriali visto che, nel frattempo, abbiamo dovuto farci le spalle larghe per affrontare le difficoltà macroeconomiche dovute ai conflitti in Ucraina e nel Medio Oriente. Su queste basi, infatti, abbiamo deciso di sviluppare anche Nelly’s, che già conta due aperture a Vicenza, e in pipe line altre due aperture e Casa Focaccia con una apertura e che prevede un prossimo sviluppo. Alla base, oggi, c’è una struttura organizzata, divisa in dipartimenti, che si occupa di tutte le attività dei brand: dal marketing alla logistica, dall’amministrazione all’HR e alla formazione.
Nel frattempo l’Italia è diventata la patria europea del poke. Che spazio di evoluzione c’è per questa merceologia?
Innanzitutto va detto che l’Italia è il grande paese europeo con meno catene food anche se un po’ alla volta, senza trascurare la propria cultura alimentare, si è aperta a nuove realtà e format internazionali. Da questo punto di vista, il poke è un vero e proprio case study: dalla curiosità iniziali si è passati a un alto grado di fidelizzazione. Questo, ovviamente, non sarebbe stato possibile senza innovazione, sia a livello operativo sia per quanto riguarda il prodotto. Se la bowl rimane il core business, infatti, nel tempo si è assistito a un allargamento del menu che ha mantenuto stabile il consumo basato sulla ricerca di referenze fresche, sfiziose, smart, healthy così da completare al meglio il momento del pasto. Un fenomeno simile, per esempio, si riscontra anche in un colosso come McDonald’s che a fianco del classico burger ha inserito anche la caffetteria e i prodotti per la prima colazione.
E l’hamburger?
L’approccio è simile: l’offerta sul mercato è ampia, ma c’è spazio per ulteriori novità. Un esempio? Grazie alle nostre origini sudamericane, conosciamo diversi prodotti che potrebbero piacere anche ai clienti italiani e che ancora non sono diventati mainstream. Stessa cosa per quanto riguarda la tipologia di format. Con Nelly’s abbiamo puntato a ricreare l’esperienza delle hamburgerie fast americane anni ’30 in chiave moderna: smash burger con un patty dalla ricetta originale e alcune varianti pronte al lancio, cucina a vista, ambienti dai colori accesi, ecc.
La focaccia, invece?
In questo caso la priorità è la qualità. Con Casa Focaccia vogliamo sviluppare un format trasversale che utilizza prodotti genuini Made in Italy e incontra le esigenze alimentari di un target ampio che va dal liceale, all’universitario fino all’impiegato/a di ufficio e al turista.
I nuovi progetti finiscono qui?
Da bravi imprenditori non riusciamo a rimanere fermi e le sfide sono qualcosa che ci fa sentire vivi, ma senza mai perdere le redini e il controllo di tutto ciò che abbiamo creato finora. Per questo valutiamo sempre attentamente le nuove sfide, e posso dire che qualcosa bolle in pentola, stiamo parlando con grandi gruppi del settore per salire a bordo di qualche progetto e sviluppo. Ma per scaramanzia non anticipo ancora niente.
Essenziale, in ogni caso, è il ricorso al digitale. Elemento che in Poke Sun-Rice ha visto anche l’introduzione dei pagamenti in Bitcoin. I prossimi passi?
Lato cliente, dopo i Bitcoin, che nel frattempo hanno dovuto scontrarsi con una certa sfiducia dovuta a sua volta ad alcuni episodi di cronaca finanziaria e perla sua volatilità, puntiamo a inserire i totem per il self-ordering. I maggiori investimenti in digitalizzazione, però, riguardano il gestionale così da integrare in un’unica piattaforma i dati relativi ai pagamenti cashless e le ordinazioni food delivery.
Rimanendo sul tema della gestione dell’impresa, che impatto ha il tema del personale su TBT Food?
Rimane un argomento difficile da affrontare, ma non lo è solo per TBT FOOD, ma per tutto il settore. La carenza di personale qualificato sul mercato è evidente sia nella ristorazione sia in altri settori. Detto ciò, è anche un tema di responsabilità aziendale. Mi spiego meglio: penso che ogni azienda debba chiedersi cosa sta facendo per i propri collaboratori, per motivarli, garantire loro i giusti ritmi di lavoro e una prospettiva di crescita chiara. In questo modo, se ne avvantaggia anche l’appeal stesso dell’azienda, con la naturale conseguenza di generare una certa selezione della forza lavoro a monte. Anche se poi rimane un certo scollamento con alcuni candidati che, superato il colloquio, finiscono per non presentarsi, arrivare in ritardo, ecc.
Infine, il tema immobiliare: cosa significa sviluppare in una provincia come Vicenza?
Penso sia stato un vantaggio. Lontani dai riflettori delle grandi metropoli abbiamo sempre trovato dei partner immobiliari attenti e interessati al nostro modello di sviluppo, senza alcuna differenza sostanziale fra landlord locali o proprietari multinazionali. In generale, penso che le principali difficoltà sul mercato siano dovute alla qualità delle location disponibili: molti punti vendita, per esempio, non sono a norma per quanto riguarda le barriere architettoniche. Soprattutto nei centri storici. E poi c’è la cara e vecchia questione delle canne fumarie su cui incide, molto spesso, una burocrazia e una legislazione per nulla omogenee da provincia a provincia se non da comune a comune.